Dicembre

Ogni anno, con l’avvicinarsi dei primi giorni di Dicembre, sorge spontanea ed improvvisa la fatidica domanda: “oddio, ma è già Natale? Sembra ieri che era Ferragosto”.

Senza nulla togliere alla fantastica atmosfera natalizia, di anno in anno le incombenze si moltiplicano, ed il mese di Dicembre si presenta, per lo più, come un tour de force collettivo caratterizzato da nervosismo ed isteria dilagante.

La prima reazione che si scatena è quella frenetica, e un po’ delirate, delle insidiosissime cene di Natale, che si moltiplicano come i pani e i pesci.

Cena dell’ufficio, della palestra, delle Giovani Marmotte, di quelli che prendono il treno alla stessa ora (ma perché?), dei compagni di scuola delle elementari (difficile anche solo riconoscersi), degli amici con cui si fa colazione al bar alla mattina (che si incontrano, appunto, tutte le mattine, cosicché risulta complicato trovare qualcosa da raccontarsi anche alla sera a cena).

Negli ultimi anni poi, dal momento che le cene di Natale sono sempre più numerose ed articolate, si assiste ad un curioso fenomeno, e cioè quello dell’organizzazione anticipata, per portarsi avanti con i lavori.

Non è quindi insolito incontrare gruppi di persone armate di panettone e bottiglia sotto il braccio, che si ritrovano verso il venti di Novembre per brindare a Santa Claus.

L’incubo dei regali

Subito dopo, in ordine strettamente cronologico, scatta quella che ormai viene universalmente definita come la “corsa” all’acquisto dei regali; espressione che, già di per sé, evoca uno stato di ansia, e di fatica fisica con lingua di fuori, tutt’altro che piacevole.

La corsa, in effetti, è più che altro una “corsa a ostacoli” che prevede, nell’ordine: il superamento dell’ostacolo parcheggio, quello dell’ostacolo commesse stressate e, last but not least, l’ostacolo coda per farsi fare il pacchetto regalo, che racchiude in sé una vena di masochismo.

A parte alcuni regali piacevolissimi da fare, vale a dire quelli fatti con trasporto per chi li riceve, ci sono poi una serie di regali assurdi che, se non fossero ragione di nervosismo, sarebbero fonte di divertimento come poche altre cose.

Primo fra tutti lo scambio gastronomico.

Perché mai, ad esempio (se non, forse, per l’atavico senso del baratto?), si deve regalare a qualcuno un pezzo di formaggio in cambio di un salame?

O un cesto con dei datteri e delle noci, in cambio di uno con della mostarda e dell’uva passa?

La faccenda si fa ancora più esilarante quando il tutto è accompagnato dall’esercizio dell’arte del riciclo.

“Alla zia ricicliamo questo bel barattolo di marmellata di castagne, mentre lei ci riciclerà una bella bottiglia di barolo”, e così via, dando libero sfogo alla fantasia più creativa.

Peggio del “riciclone” gastronomico c’è solo il tentativo di originalità.

“Che ne dici se alla moglie di tuo cugino prendiamo un kit per costruire un veliero in bottiglia?” “o delle lezioni di capoeira?”, e via dicendo, in un tripudio di iniziative a metà tra il sadico e il creativo, una peggio dell’altra.

Oppure, in alternativa, il cosiddetto regalo “simpatico”, che non serve a niente, ma per l’appunto è “simpatico”.

Il pranzo di Natale

Infine, un capitolo a parte merita la preparazione del pranzo di Natale, o della cena della vigilia, o ancora meglio, di tutt’e due.

La cosa più inquietante è la spesa, che si prospetta come una corsa all’accaparramento dei generi alimentari degna di uno scenario post atomico.

C’è chi litiga per i fegatini di pollo (eh no, io li avevo prenotati quattro settimane fa), chi fa scorta di frutta secca (se no poi, all’ultimo momento, non si trova), chi cerca frutti esotici che spuntano nei negozi solo nel mese di dicembre.

Poi, la preparazione dei piatti, secondo uno schema precisissimo elaborato negli anni, che non tollera deroghe se non in casi eccezionali.

“Il paté lo fa la prozia, come ogni anno”; “ormai ha ottantasette anni e non ci vede da qui a lì, ma va beh, non si può interrompere la tradizione”.

“Da noi la cugina di secondo grado porta l’anguilla, una cosa orrenda anche solo a nominarla, ma fa tanto Natale”.

“Perché voi mangiate il tortino di cavoli?” “Mah, non saprei, una volta mia sorella lo ha cucinato e da allora nessuno ha più osato toglierlo dal menù di Santo Stefano”.

Inutile tentare di arginare tanta zelante organizzazione; molto meglio soprassedere e godersi l’albero, le luci, le palline colorate, la cioccolata calda e i biscotti alla cannella.

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