Come mi sento

I primi giorni di vita dopo un trasloco internazionale sono stranissimi; è come vivere in uno stato di trance.

E’ come avere un jet leg che dura una settimana.

Non si capisce bene perché, organizzi, pianifichi, sistemi tutto per mesi, ma poi, nonostante la gioia e l’euforia della novità e l’eccitazione di essere in una città come Londra, il tuo organismo oppone una certa resistenza e ti fa provare uno stato di spossatezza che dura diversi giorni, per farti capire che sì, è tutto bellissimo, ma devi dargli il tempo di abituarsi all’idea di vivere da un’atra parte, in un altra nazione, dove parlano un’altra lingua e hanno abitudini e regole diverse dalle tue.

Inoltre, all’inizio, devi dire addio agli automatismi, almeno finché non sei riuscito a far funzionare di nuovo le cose (telefono, wi-fi, conto corrente, spesa, macchina, scuola, tanto per dirne alcune).

Quindi, sostanzialmente, nei primi giorni ti ritrovi in un vortice organizzativo, dove ogni giorni le incombenze sono circa un milione, con l’energia di un’ameba.

Ma c’è una frase che dicono qui che mi ha colpito immediatamente e mi è piaciuta moltissimo, forse perché si adatta perfettamente al mio stato psicofisico post trasloco, e che ho immediatamente fatto mia: “Take Your Time”

In italiano non c’è una traduzione letterale, e soprattutto non capita spesso di sentirsela dire, invece qui te lo ripetono in continuazione, come se avessero ben chiara la fatica che stai facendo per far funzionare le cose.

Quindi, con questo mio nuovo mantra, tento di districarmi tra tutte le novità che mi si presentano ed elaboro alcune considerazioni in ordine sparso.

Che cosa vedo

Vedo il Tamigi dalla mia finestra.

E’ bellissimo, scorre placido e tranquillo sotto un sole caldissimo e, credo, piuttosto insolito.

Ci sono i vogatori professionisti che praticano il canottaggio, le house boat attraccate lungo la riva opposta, i runners che corrono lungo la strada che sovrasta l’argine, e perfino un battellino che parte dal Pier sotto casa e porta a Westminster, tipo il vaporetto a Venezia.

Ho scoperto che durante il mese di settembre, dal 1 al 30, si tiene a Londra il Festival Totally Thames, con installazioni, iniziative, e 150 eventi artistici, culturali, musicali e sportivi, concentrati lungo le rive del Tamigi in vari punti della città; il programma completo si trova qui www.totallythames.org

Ah, dimenticavo, molti ristoranti con vista sull’acqua propongono menù speciali a prezzo fisso creati apposta per questa circostanza.

I quartieri di Londra

Poi, in questi primi giorni, vedo i quartieri di Londra, cominciando da quelli vicino a casa mia: Richmond, Chiswick, Kew Bridge, Brentford, Isleworth.

Sono quartieri poco distanti dal centro, ma al tempo stesso tranquilli ed appartati, come piccoli borghi a sé stanti, con il loro centro, le scuole, i parchi, i mercatini floreali e i caffè indipendenti con i tavolini all’aperto.


La vita di quartiere è affascinante, ti fa conoscere il salumaio (italiano, con i prosciutti di Parma), il pub dei tifosi della squadra locale, il supermercato piccolo e quello gigante, la piccola libreria e il parrucchiere.

Ti fa vedere abitudini e usanze delle persone; ad esempio ci sono un sacco di vecchiette arzille che alla mattina vanno a fare la spesa e si fermano volentieri a chiacchierare.

Il centro di Londra

E poi vedo il cuore di Londra, quando con poche fermate di metro arrivo in pieno centro.

Ora, a me fa impazzire questa cosa, che in venticinque minuti a Londra passi con nonchalance dalla frenesia di Oxford Street all’atmosfera rarefatta e silenziosa da romanzo dell’ottocento, con le dimore in mezzo al verde e tutto il resto.

La città è frenetica, energetica, piena di vita, ma a poche fermate di autobus da Piccadilly ci sono i parchi con dentro le volpi e gli alci, con tanto di corna palmate (vedi parco di Richmond).

Infine vedo il traffico di Londra, indescrivibile nella sua caoticità.

La prima volta che mi sono avventurata all’Ikea, che dista cinque miglia da casa mia, ci ho messo quasi due ore per tornare indietro, tra code, divertion, lavori stradali, strade che diventano autostrade senza che tu te ne accorga, e così via.

Che cosa leggo

Non riesco a concepire nessun viaggio senza un libro che mi parli del luogo dove sto andando, figuriamoci se posso andare a vivere a Londra senza un certo numero di libri sull’argomento.

E quindi, nella libreria della mia casa londinese compaiono, nell’ordine:

Enrico Francheschini: Londra Italia, Editore Laterza, 2016.

Un libro fatto di storie, le storie degli italiani che hanno scelto di vivere qui, con le esperienze più diverse e le professioni più disparate.

Ma anche la storia di come Londra ha influito sulle loro vite, ha ispirato, condizionato, modificato il loro modo di essere.

Storie semplici e meno semplici, avventurose, divertenti, a volte tragiche, ma sempre e comunque espressione di coraggio e di intraprendenza, e quindi fonte di grande ispirazione.

In una parola: incoraggiante.

Caterina Soffici Italia yes Italia no, La Feltrinelli 2016

Scritto da una giornalista, con uno stile semplice e scorrevole, spiega per quale ragione, nonostante le numerose cose di cui si può sentire la mancanza, migliaia di italiani vogliono venire a vivere a Londra.

Molto arguto, sostanzialmente analizza le grandi differenze di impostazione nei vari campi della vita (molte delle quali mi è già stato dato di provare), passando dalla politica, alla scuola, alle abitudini, al senso civico, e via dicendo.

Le grandi differenze non sono teorizzate, ma sono raccontate attraverso divertenti aneddoti che rendono subito l’idea in maniera immediata e divertentissima.

In una parola: istruttivo.

E ancora

Beppe Severgnini, Inglesi, BUR editore

E infine, last but not least, rileggo il libro (pietra miliare per sopravvivere a Londra), di Beppe Severgnini: Inglesi.

Scritto anni fa (ma successivamente aggiornato), e comunque pieno di considerazioni completamente attuali, è il libro capace di analizzare e stigmatizzare in maniera esemplare vizi e virtù di questo popolo, così particolare e unico da sembrare quasi insondabile, eppure così magnetico da continuare ad attirare persone da ogni parte del globo.

In una parola: esauriente.

Conclusione

Ci vorrà tempo per capirci qualcosa, per organizzare tutto (o quasi tutto) e per iniziare a vivere veramente da Londoner, ma sin da questi primi giorni sento distintamente di potermi innamorare di questa città, che risponde perfettamente a questa definizione che ho letto da qualche parte e ho fatto mia.

Londra è magica.