Ci sono cose che mi chiedo da sempre. Me le chiedo e me le richiedo senza mai trovare una risposta. Sono domande senza risposta.
Non sono cose importanti (più che altro, fanno sorridere), ma tant’è, non posso fare a meno di pensarci ogni volta che mi capita di imbattermi in certe situazioni.
Tipiche domande senza risposta.
Uno
Perché i cheesburger hanno sempre dentro un cetriolo? Voglio dire, ma a chi piace il cetriolo nel cheesburger? Non ho mai conosciuto nessuno che dicesse “oh, che buono questo cetriolo nel mio cheesburger, ora me lo mangio con gusto”, ma mi capita, invece, sempre di assistere a persone che si prodigano in delicate operazioni chirurgiche volte ad asportare il cetriolo dall’interno del panino (operazioni che raramente riescono senza schizzi di ketchup sulla camicia e relativi smoccolamenti).
Due
Perché gli istruttori di fitness (non tutti, eh?) pensano di dover obbligatoriamente ricoprire il ruolo del sergente cattivo di Ufficiale Gentiluomo, e gridano come ossessi per scandire il tempo ed impartire le loro istruzioni? Oltretutto, in nove casi su dieci, lo fanno rivolgendosi a classi di gentili signore e signorine che non si stanno preparando ad alcun tipo di incursione aerea, e nel pomeriggio non intendono dichiarare guerra a nessuno Stato confinante.
Tre
Perché le commesse dei negozi di abbigliamento, quando manca la taglia giusta, invece di dirlo con onestà, affermano risolute, a seconda che sia disponibile quella più grande o quella più piccola, che “tanto poi cede”, oppure “tanto poi si restringe”.
Cioè, questa la so, lo dicono per vendere, ma per quale perversa ragione continuano a pensare che io sia disposta a crederci? Quale sarebbe la ragione scientifica per cui una cosa si restringe (manco la lavassi con l’acido) e un’altra si allarga (come se quotidianamente mi rotolassi in un percorso di guerra, strisciando nel fango ed impigliandomi nel filo spinato).
E comunque, se si restringe al primo lavaggio, oppure cede dopo un po’ che la indosso, vuol dire che fa schifo e quindi, per principio, non la compro.
Quattro
Perché il navigatore della macchina, ogni tanto, sclera e comincia a dare istruzioni a caso?
Intendo dire, non come conseguenza di un errore del conducente, ma proprio come iniziativa autonoma e del tutto sconclusionata.
“Svoltare a destra” “Svoltare a sinistra” “Alla seconda uscita svoltare a destra” “ORA svoltare a sinistra” “Se possibile fare inversione di marcia” “ORA fare inversione di marcia”.
Qui, le reazioni variano a seconda del carattere; quelli sicuri di sé spengono il navigatore (talvolta insultandolo) e proseguono senza, fidandosi del proprio istinto.
Quelli, come me, con eccessivo rispetto dell’autorità e scarsissimo senso dell’orientamento, non osano mettere in discussione il “verbo” del navigatore (che oltretutto, con quella voce da Terminator, incute un certo timore reverenziale) e cominciano a dimenarsi con la macchina come una lucciola in un barattolo.
Cinque
Perché quando vai al Cinema, fino a due minuti prima dell’inizio del film, il posto nella fila davanti alla tua è sempre vuoto, ma non appena si spengono le luci ed iniziano a scorrere i titoli di testa, arriva una coppia dove lui è altissimo e ha una testata di capelli ricci, si siede inevitabilmente davanti al tuo posto coprendo metà dello schermo, e ti costringe a contorsionismi di ogni genere, che si concludono con un inevitabile arrocco (sempreché il tuo partner sia sufficientemente gentile e bendisposto).
Sei
Perché i camerini dei negozi di costumi da bagno e beachwear hanno specchi tremendi e luci al neon che ti fanno sembrare la sorella di Morticia Addams nella Notte dei lampi?
Già è difficile provarsi il costume da bagno dopo che il corpo è rimasto prudentemente coperto per tutto l’inverno da numerosi strati di vestiti.
Già la vista di quei centimetri di pelle tutti insieme contemporaneamente crea uno stato di panico discretamente allarmante.
C’è proprio tutto questo bisogno di accentuare il colorito della mozzarella lattiginosa con delle luci da obitorio?
Qual’è il gusto sadico (e, oserei dire, totalmente contrario all’interesse alla vendita) di trasformare la prova costume in una esperienza degna di un film horror?
Non sarebbe meglio predisporre camerini con luci che scaldano, specchi collaborativi e, magari, un paio di palmette sullo sfondo che incoraggiano l’acquisto?
Tutte domande senza risposta.

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