La prima regola per avere un guardaroba decente, e per vestirsi di conseguenza, è quella di riorganizzare l’armadio sistemando tutto per bene.
L’operazione sembra facile: in fondo basta aprirlo, provare gli abiti, eliminare il superfluo, e suddividere quel che resta in modo razionale.
In pratica, è invece un lavoro difficilissimo, che non riesce quasi mai, cosicché, di regola, ogni tentativo di riorganizzare il guardaroba si traduce in una fatica tremenda conclusa con un frustrante nulla di fatto.
Ma perché è così complicato?
Per il semplice fatto che i vestiti, per definizione, s’indossano e, di conseguenza, vivono insieme a noi tutta una serie di esperienze di vita che non vogliamo affatto buttare via, o che temiamo di dimenticare senza il prezioso feticcio.
Quindi, l’orrendo golfino blu infeltrito non è altro che il compagno fedele della prima ecografia; il tailleur grigio con giacca tremendamente fuori moda, è la preziosa divisa del giorno della laurea; la camicia con improbabile colletto, è quella che ha portato incredibile fortuna il giorno che pensavamo di avere perso le chiavi di casa.
Per non parlare di borse, scarpe e accessori vari che, indossati in mille occasioni, sono letteralmente miniere di ricordi (e che, a volte, grazie a cerniere interne e scomparti vari, contengono anche curiosi reperti, tipo il biglietto della metro del primo viaggio a Londra, o il sasso levigato che nostro figlio di tre anni ci ha regalato quando lo abbiamo portato al mare per la prima volta).
Il problema è che tutto questo ciarpame, che tende ad accumularsi sempre di più, ed è francamente immettibile perché brutto, fuori moda, e ci fa sembrare grasse, occupa circa i due terzi dell’armadio e soffoca gli abiti decenti (che tendono inversamente a ridursi sempre di più).
Ma allora qual è la soluzione?
Sembra facile, ma non lo è.
Occorre procedere con ordine, e senza fretta.
Per prima cosa, bisogna assolutamente evitare di affrontare un simile lavoro quando si è nervose, arrabbiate con il vicino di casa, o nostalgiche dei favolosi anni del liceo.
Meglio la aspettare la giornata in cui ci sentiamo coraggiose, razionali, e pronte a fare nuove esperienze.
A questo punto, dopo avere svuotato l’armadio, bisogna rassegnarsi a indossare fisicamente tutti i vestiti, e guardarsi allo specchio pensando di doverli usare per uscire il giorno stesso.
Il più delle volte questo passaggio suscita reazioni del tipo “ma come diavolo ho fatto a comprare questa roba?” o anche “piuttosto che andare in ufficio con quest’orrore addosso, fingo di essere malata”.
Dopo l’opportuna presa di coscienza, ecco sopraggiungere la parte più delicata, che potremmo definire della risoluzione finale.
Piuttosto che immaginare i nostri preziosi cimeli in un triste cassonetto della spazzatura (o del riciclo), bisogna provare a dare loro una nuova vita.
Le soluzioni più facili sono: quella di regalarli a qualche malcapitato – che probabilmente se ne sbarazzerà nel giro di ventiquattr’ore, ma noi non lo sapremo mai – o di provare a trasformarli in qualcos’altro.
La trasformazione può essere autogestita (per le sartine in pectore) oppure delegata a professionisti.
In entrambi i casi, la fatica del taglio e cucito, o il costo della riparazione (unito alla ricerca del parcheggio), limiterà la trasformazione a pochi selezionatissimi capi di abbigliamento.
Ancora un piccolo sforzo
Gli abiti che restano nel guardaroba, e che proprio non ci sentiamo di abbandonare, vanno piegati con cura e riposti in apposite scatole (che probabilmente non verranno più aperte fino al prossimo trasloco), da sistemare comodamente in cantina.
Con questo pratico espediente, eviteremo di separarci dall’ammuffito tubino del primo appuntamento con l’attuale compagno (che fa venire l’angoscia a guardarlo, ma in quanto simbolo come si fa a separarsene, non si può mai sapere), ma eviteremo anche di credere di possedere un bell’abitino per la prossima occasione mondana (anche perché quello è fuori moda da circa un ventennio, e tira sui fianchi).
Ciò che ancora rimane dopo questa selezione, va inesorabilmente eliminato dal guardaroba (Marie Kondo docet): se in buono stato, donandolo a qualche associazione benefica, altrimenti buttandolo con soddisfazione nella spazzatura.
L’effetto finale è sorprendente: se abbiamo lavorato bene, nel nostro guardaroba rimarranno soltanto pochissimi indumenti (esattamente quelli che indossavamo prima delle grandi pulizie), con il vantaggio, però, che ora l’armadio è mezzo vuoto e si può riempire con abiti nuovi, alla moda, e della taglia giusta.
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