L’eterna indecisa

L’eterna indecisa della shopping procede più o meno così.

Entra nel negozio, saluta la commessa, e subito si tuffa in mezzo agli scaffali, per passare accuratamente in rassegna tutti i capi esposti.

In breve tempo individua un bel cappotto marrone che sembra proprio fare al caso suo.

Ed ecco che si rivolge alla titolare del negozio: “L’avete anche in altri colori?” “Tipo verde, fucsia, bianco ghiaccio?” (non che la cosa le interessi veramente, ma serve per prendere tempo ed avere la possibilità di scegliere).

“No, nessuno di quei colori, ma abbiamo un fantastico giallo canarino”.

L’eterna indecisa si sente appagata, indossa alternativamente i due cappotti per circa quindici volte, dopodiché, stanca ed accaldata, si avvia alla cassa con il cappotto marrone (quello avvistato per primo), cercando però rassicurazioni dalla commessa sul fatto che sia possibile cambiarlo nei giorni successivi.

Ma ecco che, un attimo prima di tirare fuori la carta di credito, l’occhio le cade su una fantastica giacca di pelle rossa che sembra proprio mancare al suo guardaroba.

Cosicché, inevitabilmente, tutto ricomincia da capo: camerino, prove, elucubrazioni di vario genere su tutte le possibili combinazioni con gli altri pezzi presenti nell’armadio e, per le più tecnologiche, invio di fotografia in tempo reale all’amica del cuore per un consulto lampo, per poi concludersi, dopo un buon quarto d’ora, con la decisione che no, il cappotto marrone (sempre quello) era decisamente meglio.

E così, l’eterna indecisa, acquista finalmente il cappotto, per poi cambiarlo, il giorno successivo, con un fantastico paio di stivali da cavallerizza.

La riluttante

La riluttante odia lo shopping; tuttavia, si rende conto di dover comprare, ogni tanto, qualcosa da mettersi indosso per ragioni di convenzione sociale.

Normalmente, la riluttante sceglie un unico negozio di abbigliamento all’età di sedici anni, e tende a ritornarci anche a quarantasei, per non dover affrontare il trauma del cambiamento; ma, questa volta, sente di dover osare qualcosa di più.

A questo punto, generalmente, interviene l’amica zelante, vera shopping addicted con lo spirito della missionaria, che si offre come consulente per il rinnovo dell’intero guardaroba.

Il giorno prefissato per gli acquisti la riluttante viene colta da veri e propri attacchi di panico, e le prova tutte per evitare il supplizio. “Il cane ha morso la vicina del piano di sotto e devo correre al pronto soccorso…”; “la casa si è allagata e mio marito rischia di affogare”; “le bambine hanno mangiato il cibo del cane e ora rasentano la lavanda gastrica”.

Ma l’amica zelante non si lascia impietosire e, ferma nel suo proposito, trascina la riluttante per i negozi del centro.

A questo punto, per il successo dell’iniziativa, l’unica cosa veramente importante è che l’amica zelante, oltre a possedere un certo gusto estetico, voglia bene alla riluttante, perché quest’ultima, ormai rassegnata, potrebbe acquistare qualunque articolo.

La solitaria

La vera ragione per cui la solitaria desidera fare shopping in solitudine è soltanto una: non vuole testimoni.

Da principio, la solitaria non disdegna di recarsi in giro per negozi con le amiche; guarda, osserva, prova e commenta, talvolta compra un paio di mutande o di calze (così, tanto per non dare l’impressione di essere asociale), ma in cuor suo sa bene che gli acquisti degni di nota avverranno solo il giorno dopo, quando finalmente potrà tornare negli stessi negozi da sola.

Ed ecco che il giorno successivo, in perfetta solitudine, la solitaria esce di soppiatto, e si fionda per i negozi del centro.

Generalmente, la solitaria non esce mai per acquistare qualcosa per sé; ha sempre una missione molto delicata da compiere, tipo comprare il regalo di compleanno per la vicina di casa; ma quando si ritrova (da sola) nel negozio, decide in un battibaleno, colta da folgorazione, che quel meraviglioso paio di guanti/maglione/colbacco di pelo è proprio quello che mancava al suo guardaroba.

E così, normalmente, ritorna a casa con dieci capi per sé e nulla per l’amica (alla quale potrà sempre comprare qualcosa il giorno successivo, trovando così un nuovo spunto per uscire a fare shopping).

La succube

La succube si riconosce facilmente perché non si reca mai da sola a fare shopping: è sempre accompagnata dalla madre (che può essere anche sostituita dalla sorella, dall’amica d’infanzia e, in casi estremi, da una zia).

Cosa che, di per sé, potrebbe anche risultare accettabile, quando la figlia non supera l’età di quindici anni e la madre quella di trentasette, ma diventa agghiacciante quando la figlia ne ha compiuti quarantacinque e la madre sfiora la settantina.

Entrata nel negozio, la succube individua un bell’abitino verde mela con scollatura generosa; ma ecco intervenire la madre insidiosa “fai come vuoi, ma non ti starebbe meglio questa palandrana nera con collo alto e lunga fino ai piedi?”. “Ecco, ti sta d’incanto; come ti conosco bene!”.A questo punto si prospettano due alternative per la succube: sopprimere la madre strangolandola con la cintura del vestito, oppure investire una discreta sommetta in un percorso di analisi (meglio la seconda, a meno che il marito non sia un famoso penalista).

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