Anche per il mare, come per la settimana bianca, il confronto tra le ere geologiche pre e post bambini è inevitabile.
Ciò che più sorprende nel paragone tra le due epoche storiche è la quantità di materiale che occorre trasportarsi dietro per una semplice e tranquilla giornata in spiaggia.
Al mare prima dei bambini
Nell’era geologica pre filiale occorrevano un costume, un paio di ciabattine infradito, un paio di occhiali da sole e una crema abbronzante qualunque.
Nell’era geologica post filiale, a prima vista, sembrerebbe sufficiente moltiplicare il materiale sopra descritto per il numero dei figli.
E invece no.
Al mare dopo i bambini
Occorrono due enormi borsoni stracolmi, di peso abnorme, simili alle tasche di Eta Beta, con dentro: pesci di plastica di svariati colori e misure, braccioli, salvagenti, tavole da surf, materassino gonfiabile a forma di coccodrillo, dieci tipi di crema solare con fattore protettivo da zero a schermo totale, pinne, maschera e boccaglio per esplorare i fondali marini alla ricerca di qualche imperdibile tesoro (con tanti chilometri di costa, ci sarà un pirata della Malesia che ha deciso di seppellire il suo forziere dalle nostre parti).
E ancora: ciuccio e coniglio in peluche per l’eventuale pisolino pomeridiano sotto l’ombrellone (lo stesso coniglio che dovrà essere sistemato nel letto, pieno di sabbia, la sera); intera collezione del “Diario di una schiappa” (svariati volumi) per improvvisi attacchi culturali; bottiglie d’acqua e generi di conforto.
Questo per le famiglie con madri spartane e minimaliste.
Poi c’è il problema della posizione
La posizione naturale al mare dell’era geologica pre filiale è supina o prona, ma comunque sdraiata; al massimo verticale, per pochi istanti, durante il tuffo ristoratore.
Nell’era geologica post filiale, invece, la posizione orizzontale non è proprio permessa.
Innanzi tutto, non appena messo piede in spiaggia, gli amati pargoli si sparpagliano istantaneamente in direzioni opposte; quando sono tre, come nel mio caso, uno a destra, uno a sinistra, e il terzo al centro, cioè in acqua, con la prua puntata in mare, verso la boa.
La posizione delle madri al mare nella prima mezz’ora è dunque quella della “piccola vedetta lombarda”, cioè in piedi, con mano alla fronte, nel tentativo di avvistarne almeno uno.
Ma, soprattutto, le simpatiche canaglie sono dotate di radar capace di captare anche a chilometri di distanza l’esatto momento in cui il gluteo genitoriale sta per toccare il lettino prendisole.
Un attimo prima che la gamba si sia sollevata per raggiungere la posizione orizzontale, come minimo, ne spunta uno dal nulla, equipaggiato come un palombaro (braccioli, maschera, boccaglio, granchio di plastica arancione in mano) e aria angelicata.
“Papino, ti pregoooo, facciamo un bel bagnetto solo io e teeee”.
La posizione seduta al mare è tollerata a condizione che il sedere poggi sulla sabbia e le mani siano intente a costruire un castello di sabbia “bellissimo come quello di quel bambino là” (con padre ingegnere e faccia antipatica), ”non questa schifezza che si rompe tutta”.
Infine è contemplata, a fine giornata, la posizione inginocchiata con naso nella sabbia, utile a ricercare, come rabdomanti, tutte le macchinine seppellite nel corso del pomeriggio (“dov’è Cricchetto?” “E’ sparito verso le tre e un quarto in un punto imprecisato tra la sdraio e il canotto”).
Genitori in missione
L’unico vantaggio che si riesce a intravedere nella missione “tutti al mare” è quello della ginnastica involontaria.
Tutte quelle ripetizioni seriali: mi sdraio, mi siedo, mi alzo, mi piego, m’inginocchio, mi lancio all’inseguimento in acqua del piccolo che si è tolto i braccioli per imitare i fratelli, mi risdraio, mi risiedo, mi rialzo, salto in alto dopo essermi seduta su una conchiglia acuminata posizionata al centro del lettino, ripetute dalle cento alle centocinquanta volte, garantiscono un effetto snellente significativo e duraturo, e tonificano gli addominali meglio di una lezione di fitness.



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