La foresta tropicale
Le Cascate dell’Iguazù, nel cuore della foresta tropicale, al confine tra Argentina, Brasile e Paraguay, sono una delle sette meraviglie naturali del mondo.
Dunque, è abbastanza intuitivo immaginarne la strabiliante bellezza.
Ma, per quanto si possa essere preparati, lo spettacolo al quale si assiste, supera qualsiasi immaginazione, ed è di quelli che tolgono il fiato.
L’emozione che si prova nel vederle deriva anche dal lento e graduale avvicinamento alle cascate, che crea il giusto grado di attesa, e accresce l’aspettativa.
Partendo da Buenos Aires (e visitando, quindi, il versante argentino delle cascate), prima di tutto occorre fare un paio d’ore di aereo per raggiungere l’aeroporto internazionale Cascate di Iguazù, immerso nel verde della foresta tropicale, e circondato da folta vegetazione a perdita d’occhio.
La prima impressione
Già l’arrivo all’aeroporto è di per sé scenografico e particolare, dal momento che, al di là della pista di atterraggio e della struttura areoportuale, nelle immediate vicinanze non vi è la minima traccia di edificio o di altro segno dell’opera dell’uomo.
Soltanto piante, vegetazione, e foresta, da una parte e dall’altra.
Dall’areoporto, con facilità, si trovano taxi che, con un tragitto di una ventina di minuti, conducono all’entrata dell’Iguazù National Park, parco molto ben strutturato ed organizzato, con vari punti di ristoro e percorsi agevoli e ben individuati.
Anche il tragitto per arrivare al parco è molto suggestivo, dal momento che la strada scorre all’interno della foresta, ed il clima umido e afoso non lascia dubbi sul fatto di essere nei pressi dell’Amazzonia.
Una volta entrati nel parco, un trenino su rotaia conduce ad una stazione intermedia (dove già si dipartono una serie di sentieri, percorribili a piedi, che conducono a diversi punti panoramici).


Ma, per avere il massimo della sorpresa, conviene mettersi con pazienza in coda per accedere al secondo trenino, che, con un altro breve tragitto, conduce al punto più alto della cascata, chiamato Garganta del Diablo.
Garganta del Diablo
Il caldo umido della foresta tropicale richiede un certo sforzo di sopportazione (meglio fare scorta di acqua).
Anche perché le code possono essere molto lunghe, e non c’è altra via per raggiungere la sommità della cascata.
Durante l’attesa, però, si possono vedere bellissime farfalle colorate, soprattutto gialle, iguane, scimmiette, e dei buffi animali simili a tapiri, ghiotti di qualsiasi tipo di cibo.
Non conviene tirar fuori provviste di alcun genere, a meno di non consumarle in maniera istantanea, altrimenti ne arrivano in quantità, e sono difficili da allontanare.
Una volta terminato anche il secondo tratto di trenino, anch’esso interamente immerso nel verde della foresta, si arriva ad un percorso pedonale, fatto di passerelle che attraversano tratti di fiume, dalle acque calme e tranquille.
Procedendo sulle passerelle per circa un chilometro, nulla lascia presagire la vicinanza della cascata, e si vedono solo, da un lato e dall’altro, acqua che scorre lentamente e vegetazione verde brillante.
Poi, di colpo, senza particolare preparazione, ecco apparire la Garganta del Diablo.




L’emozione toglie il fiato
Arrivandoci da sopra, l’impressione è quella di un enorme buco nel terreno con il fronte d’acqua più imponente e pauroso che la mente umana possa immaginare, che toglie il fiato e la parola contemporaneamente.
In ogni caso, il rombo della cascata sovrasta qualsiasi altro rumore e annienta qualunque diverso suono, contribuendo a creare una sensazione di totale impotenza di fronte alla straordinaria potenza dell’acqua.
La prima cosa che salta all’occhio è che la cascata è bianca, ma in certi punti, a causa del riflesso della vegetazione o del muschio sottostante, è verde, di un verde brillante, inspiegabilmente luminoso.
Guardando da una parte e dall’altra, la cascata si replica innumerevoli volte, in uno spettacolo infinito.
Guardando verso il basso, invece, la massa d’acqua che si schianta al suolo produce un tale fumo bianco accecante che è impossibile scorgere alcunché.
La discesa dell’acqua, poi, quasi sospesa nell’aria, è ipnotica, e rende difficile staccare lo sguardo per diversi, lunghissimi, minuti.
L’emozione che si prova è difficile da descrivere a parole, ma certamente la sensazione che accomuna tutti è quella di sentirsi un minuscolo puntino di fronte ad una simile potenza della natura.
Alla fine il nome, Garganta del Diablo, è forse ciò che meglio di ogni altra cosa rende l’idea di quel che ci si trova di fronte.
Allontanandosi, a malincuore, occorre rifare il percorso a piedi in senso inverso, per riprendere il trenino in direzione opposta.
Il resto del parco
Ridiscendendo alla stazione intermedia, non senza dispiacere per avere lasciato quell’incredibile scenario, si possono comunque scegliere diversi percorsi, che in poco tempo consentono di raggiungere a piedi diversi punti panoramici dai quali ammirare le cascate sotto altre prospettive.
Punti certamente meno spettacolari, ma comunque molto suggestivi, che, in ogni caso, completano la visita.


Il parco chiude alle diciotto, quando ancora c’è parecchia luce, ma, per chi ha l’aereo più tardi, l’attesa all’aeroporto è ripagata dalla stupefacente vista del tramonto e del calare delle tenebre nel cuore della foresta, che è un’altra esperienza particolarmente toccante.
Vi è piaciuto esplorare le Cascate dell’Iguazù insieme a me?
Se volete leggere di più sul mio viaggio in Argentina potete leggere questo post dove vi racconto di Buenos Aires, cliccando qui.
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