Il quartiere

Il Meatpacking District è un quartiere, dal nome impronunciabile, tutto da scoprire, perché, a prima vista, è un po’ diverso da tutto il resto.

E’ bello arrivarci dalla High Line, la linea della metropolitana sopraelevata dismessa e trasformata in un lungo percorso di arredo urbano, che corre lungo l’Hudson River.

La High Line va, più o meno, da Chelsea al Meatpacking Distict, è tutta (e solo) pedonale, e passa interamente in mezzo ai grattacieli, con uno scenario visivo che cambia in continuazione.

Inoltre, come esemplare elemento di arredo urbano, contiene installazioni artistiche molto ricercate e di grande effetto.

La prima cosa che colpisce arrivando nel Meatpacking District è la presenza, in quegli ex magazzini della carne (qualcuno ancora con qualche scritta che ne ricorda le origini), di tutti gli atelier dei grandi stilisti, accanto ai negozi dei creativi emergenti, messi un po’ lì con nonchalance, senza il clamore e lo sfarzo della Fifth Avenue.

Camminando lungo la strada principale, che ha un’inconfondibile pavimentazione di ciottoli, si incontra ad un certo punto una porticina verde, seminascosta, con scritto sopra Renzo Piano Building Workshop, così, come se niente fosse.

Chelsea Market

Bellissimo il Chelsea Market, una ex fabbrica di biscotti, dall’architettura in stile “C’era una volta in America”, trasformato in galleria coperta per ospitare negozi e localini dove fermarsi per uno spuntino, che vanno dal Caffè al Sushi bar che prepara tutto sul momento.

Nella parte interna del mercato, insieme alle pareti in mattoni, sono conservate parti della struttura industriale originaria, arricchite da fotografie color seppia e immagini d’epoca.

Bisogna andarci con calma per entrare nei singoli shop a scoprire cosa vendono (ce n’è uno di spezie che è la fine del mondo).

Un capitolo a parte, nel Meatpaking District, merita la nightlife.

Lo stile dei locali (ce ne sono a decine) è molto newyorkese, vale a dire poche insegne fuori e zero pubblicità; in pratica, la filosofia è questa: se vai in un locale nel Meatpacking District a New York City si esattamente dov’è, qual’è la sera giusta per frequentarlo, e come fare ad entrare, altrimenti rischi di vagare in una strada buia tra negozi chiusi per tutta la sera.

C’è un po’ di tutto, dai ristoranti, ai rooftop, ai lounge bar, alle discoteche in senso più classico, per cui non resta che decidere che tipo di serata si vuole affrontare.

The Standard High Line

Il mitico Standard High Line di New York City, celebrato in vari film e set pubblicitari, è, in effetti, diverso da un albergo “normale”, ed è difficile da spiegare a parole.

E’ un mix di sorprese, di atmosfere che non ti aspetti, tutte una diversa dall’altra.

Intanto la posizione: nel Meatpacking District, sopra la High Line, davanti all’Hudson River, con di fronte lo skyline del New Jersey da una parte, ed i grattacieli di Downtown dall’altra.

Davanti all’ingresso, nel mese di Dicembre, c’è una pista di pattinaggio sul ghiaccio.

Ma non una pista di pattinaggio “normale”, con il ghiaccio bianco, come ti aspetteresti, bensì una pista di pattinaggio psichedelica, che cambia colore in continuazione, per un gioco di luci, passando dal rosa al viola, al giallo, al verde, con un effetto visivo non da poco.

La hall è piccola, con una parete traforata tutta bianca che sembra un pizzo di cemento, e un corridoio tutto nero che immette al vano ascensori.

Ecco: l’ascensore è ipnotico.

E’ tutto nero, ma sulle pareti viene proiettato un filmato che raffigura un vortice tutto colorato con mille figure che cadono nel vortice, e la proiezione è accompagnata da una musica tipo film di fantascienza; quindi, in pratica, quando arrivi al piano prescelto, l’unica cosa che vuoi è farti un altro giro in ascensore per continuare a guardare quel filmato.

Quando entri in camera (se è sera ancora meglio, se è al tramonto non ne parliamo), scopri che un’intera parete è fatta di vetro, dal soffitto al pavimento, e di fronte che l’Hudson River, da una parte, e la Freedom Tower  appena ultimata, dall’altra, ed è un bel po’ difficile decidere dove guardare.

La Boom Boom Room

All’ultimo piano dello Standard, poi, c’è la leggendaria Boom Boom Room, inarrivabile locale della nightlife newyorkese, quasi sempre riservata per eventi privati.

Come ospiti dell’Hotel si riesce, con un pizzico di fortuna, a farci un salto, entro una certa ora, e ne vale veramente la pena.

Per arrivare bisogna prima di tutto sapere che c’è (ovviamente, da nessuna parte è indicato che si trova proprio lì), poi salire con l’ascensore dell’hotel (quello fantastico sopra descritto), e attraversare un corridoio tutto nero.

Il locale ha le stesse vetrate delle camere, che girano tutto intorno, a 360 gradi, solo più in alto, al diciottesimo piano, e non è difficile immaginare cosa si veda da lassù.

L’interno è tutto dorato, con un bar al centro che ricorda un enorme fungo dal quale scendono palloni dorati; l’effetto  complessivo notevolmente scenografico.

Non è da meno l’altro locale che si trova dall’altra parte dello Standard Hotel, con un’entrata separata, ma sempre all’ultimo, o penultimo, piano: Le Bain Rooftop.

Le Bain Rooftop

La vista è analoga, ma lo stile completamente diverso.

La parte più suggestiva è quella esterna, che si gode in primavera o in estate, con la mitica terrazza.

All’interno, comunque, oltre alla stessa fantastica vista che appare attraverso le enormi vetrate (uguale anche nei bagni), ci sono altri effetti speciali, tra i quali, una piscina triangolare sicuramente molto originale.

Infine, per completare il quadro, al piano terra, oltre ad un bar ristorante più classico, c’è una vera e propria birreria bavarese, con tavoli di legno e panche stile Oktoberfest, dove sembra di essere a Monaco di Baviera.

Insomma, The Standard, più che un hotel, è un’esperienza multisensoriale.

Dal Meatpacking District, poi, cosa non da poco, si raggiungono con facilità, volendo anche a piedi, Tribeca, SoHo, Chelsea e West Village, quartieri altrettanto incredibili, solo apparentemente simili, ma in realtà diversi uno dall’altro, ciascuno con la propria precisa identità, che meritano una descrizione a parte.