Il viaggio continua
Dopo avere percorso circa cinquecento km a partire dal Grand Canyon, parte dei quali sulla mitica Route 66 (USA 2016 parte 5 Route 66 Seligman e Williams) attraversiamo il confine tra Arizona e Nevada, superiamo Las Vegas, e ci fermiamo a dormire a Pahrump, cercando di avvicinarci il più possibile alla Death Valley.
Dopo una cena da Pizza Hut, ci fermiamo a dormire al Best Western Pahrump Oasis e, l’indomani mattina, partiamo presto, come ormai ci siamo abituati a fare, per sfruttare al massimo le ore di luce.
Non so bene cosa aspettarmi, anche perché la maggior parte delle descrizioni che sono riuscita a trovare parlano della Death Valley in piena estate, come di un luogo caldissimo, ai limiti della sopportabilità, con sole a picco e radiatori della macchina in ebollizione, mentre ora è pieno inverno, e fa freddino, dunque lo scenario sarà forse un po’ diverso.





Prendiamo comunque nota di tutte le prescrizioni, che consigliano, prima di iniziare le attività della giornata: verificare i pneumatici, controllare il serbatoio e la perfetta funzionalità dell’auto (è importante sapere che la copertura per i telefoni cellulari nella zona è minima o assente, per cui è impensabile di potersi affidare al cellulare per eventuali soccorsi).
Tralasciamo soltanto la scorta d’acqua che, invece, in estate, sarebbe al primo posto delle cose da procurarsi.
Appena lasciata Parumph, come al solito, il panorama cambia in continuazione, facendosi sempre più desertico, e la strada inizia impercettibilmente a scendere, com’è ovvio, essendo la nostra destinazione sotto il livello del mare.
Deat Valley National Park
Percorriamo una cinquantina di Km ed entriamo nel Death Valley National Park (California), all’altezza di Death Valley Junction.
La prima differenza che notiamo, rispetto agli altri parchi visti sino ad ora, è che non ci sono le postazioni dei Rangers, dove pagare il biglietto, all’ingresso del parco, ma semplici colonnine con scritto pay here (il prezzo è comunque sempre più o meno lo stesso, qui di venti dollari).
Il che aumenta il senso di solitudine, data l’assenza di contatto umano anche all’entrata del parco.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il panorama del Death Valley National Park non è affatto ripetitivo.
Tutti i punti panoramici meritano di essere visti, nessuno è uguale all’altro, e ognuno offre uno scenario memorabile, di quelli che non si dimenticano.



In una giornata, dall’alba al tramonto, attraversando il parco con la macchina, si riesce a vedere molto, ma bisogna tenere conto del fatto che per arrivare al parco da Las Vegas (o altra località nei paraggi) e tornare indietro (o proseguire oltre verso Los Angeles, come abbiamo fatto noi), ci sono parecchi km da percorrere, senza possibilità di fermarsi.
Volendo, quindi, per visitarlo ancora meglio, ci si può fermare a dormire all’interno del parco, dove si trovano ben quattro Hotel (Furnace Creek Inn, Furnace Creek Ranch, Stovepipe Wells Village, Panaming Springs Resort).
Avendo optato per la visita dall’alba al tramonto, siamo costretti a scegliere soltanto alcune delle numerose destinazioni che il parco offre.
Zabriskie Point
La cosa che indubbiamente rende particolare la visita della Death Valley in inverno (non so come sia in estate) è la quasi totale assenza di turisti.




Il che accresce ancora di più la incredibile, e mai provata prima, sensazione di essere catapultati su un altro pianeta.
Forse, se dovessi dare un consiglio ad un amico che desidera andarci, gli suggerirei di non guardare nessuna foto, immagine o descrizione prima di arrivare, cosicché lo scenario lunare di Zabriskie Point (7 km da Furnace Creek sulla Hwy 190), risulti una totale sorpresa (ma, a pensarci bene, lo è comunque).
Arriviamo, parcheggiamo la macchina, e ci arrampichiamo fino al punto panoramico, dal quale si scorgono le incredibili dune scolpite dal tempo e dagli eventi atmosferici e non so da che altro, efficacemente definite come “colline di spuma rocciosa”.
Il silenzio è totale, intervallato soltanto dalle urla di gioia dei tre folletti che saltellano tra una duna e l’altra come se fossero sempre vissuti lì, e cercano di convincerci del fatto che è molto meglio scendere più oltre, e non fermarsi al punto di sosta panoramica.
Difatti, scavalcano immediatamente la recinzione, e a noi non resta che seguirli, ammutoliti dallo stupore di questo luogo incredibile e magico.


Nella stessa area della Death Valley si trovano anche Badwater (sulla Route 178, a circa 30 km a sud dal Furnace Creek, che è il lago salato situato nel punto più basso degli Stati Uniti, a 86 metri sotto il livello del mare) e Dante’s View (a circa 10 miglia da Zabriskie Point, ben segnalata, c’è una deviazione di circa 13 miglia che porta a questo punto di osservazione).
Furnace Creek
Proseguiamo verso Furnace Creek, il centro nevralgico della valle, dove si trovano il Visitor Center, alcuni Hotel, una sorta di spaccio con vendita di generi alimentari, un importantissimo distributore di benzina (ce ne sono soltanto due all’interno del parco, uno qui e l’altro a Stovepipe Wells Village).


Furnace Creek è fondamentalmente da tenere in considerazione come punto di riferimento per organizzare le varie escursioni e costituisce una preziosa base (un po’ come se fosse un’oasi) per qualsiasi necessità.
Noi ci fermiamo per una breve sosta, con l’indispensabile rifornimento di carburante, e decidiamo di spingerci a Nord, verso lo Scotty’s Castle e l’Hubehebe Crater.
Lungo la strada ci fermiamo a fare uno spuntino a Stovepipe Wells, al Badwater Saloon, in un locale che sembra in tutto e per tutto un Saloon del vecchio west, con grande gioia dei folletti.
Ubehebe Crater
Lasciata Furnace Creek ci dirigiamo verso lo Scotty’s Castle, per il quale occorre fare una deviazione di parecchi km verso nord.
Purtroppo, però, scopriamo che la strada è chiusa, a causa di allagamenti, non infrequenti in questo periodo dell’anno.
Sulla stessa direttrice, però, è accessibile l’Hubehebe Crater, uno degli altri punti che ci eravamo ripromessi di visitare.
Si tratta di un cratere, nella zona più a nord della Death Valley, vicina allo Scotty’s Castle e lontana dalle attrazioni più note (quelle indicate sopra, ai punti precedenti), generato da un’esplosione vulcanica avvenuta forse non più di trecento anni fa.
Ancora una volta, lo scenario è pazzesco.



Data l’ora tarda e la stanchezza, decidiamo di fermarci a dormire in una località intermedia, ad un centinaio di km da Los Angeles, per poi ripartire la mattina dopo, per quello che sarà il nostro ultimo giorno di questo incredibile viaggio negli USA e nei parchi dell’Ovest.


Si conclude così il nostro viaggio di quasi 3.500 km, attraverso quattro Stati (California, Arizona, Utah, Nevada), tre città (Los Angeles, San Diego, Las Vegas), e tre fra i meravigliosi parchi del Nord America (Bryce Canyon National Park, Grand Canyon National Park, Death Valley National Park).
Torniamo stanchi, emozionati, e con alcune immagini che ci resteranno negli occhi per sempre; contenti di tornare, ma desiderosi e felici di ripartire presto, pronti ad organizzare il nostro prossimo viaggio con folletti al seguito.
Vi è piaciuto esplorare la Death Valley con me?
Leggete anche i racconti delle altre tappe del percorso; potete cominciare cliccando qui.
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