Da Grand Canyon a Las Vegas

“Mamma nevica!” Apro un occhio ed emergo dal piumone.

Il primo pensiero è “che bello, nevica, che cosa romantica”, ma in meno di mezzo secondo dopo realizzo che siamo sul Grand Canyon, nel bel mezzo del continente americano (che come già detto più volte, è piuttosto wild e molto disabitato), e il folletto medio ha la varicella.

Quindi, il secondo pensiero è più o meno “azz…nevica, e ora che facciamo?”

L’apertura della finestra non porta alcun conforto.

Sta nevicando probabilmente da ore, come ampiamente pronosticato dal precisissimo meteo USA, non si vede ad un palmo dal naso, i fiocchi di neve sembrano giganteschi coriandoli, la macchina è completamente ricoperta da uno spesso manto bianco e le (poche) auto lungo la strada avanzano come in una processione.

Quindi, nell’ordine, ci alziamo laviamo vestiamo in un quarto d’ora, decidiamo di saltare a piè pari la colazione, che ci porterebbe via ulteriore tempo prezioso, somministriamo un’abbondante dose di sciroppo antistaminico al folletto medio, che si gratta come King Kong, e saliamo in macchina, cercando di trovare conforto nel fatto che la macchina a nolo ha la targa dello stato di Washington, al confine con il Canada e, quindi, con buona probabilità, è dotata di gomme da neve.

Iniziamo a scendere verso valle e constatiamo che, come nella grandissima parte di molte aree extraurbane del Nord America, la copertura telefonica è totalmente assente (ma perché?)

Non si può dire che il paesaggio non sia suggestivo.

Road trip

La strada è tutta bianca, tranne una sottile striscia al centro, dovuta al passaggio delle macchine, tutto è ovattato, gli alberi ai lati sono come infarinati, e non si vedono case di nessun tipo per decine e decine di miglia.

Come già capitato in altre occasioni, io e mio marito reagiamo alla situazione in modo diametralmente opposto.

Io cerco intensamente di scacciare il pensiero della gomma forata che mi si presenta ripetutamente davanti agli occhi, mentre lui, per sdrammatizzare, racconta ai bambini la trama di “Misery non deve morire”, soffermandosi con dovizia di particolari sulla parte in cui il protagonista, in panne con la macchina nel fossato, cerca di chiamare aiuto e nessuno riesce a trovarlo.

I bambini sembrano contenti, insistono sui particolari della trama e si guardano intorno con curiosità (naturalmente il folletto medio continua a grattarsi, ma decretiamo comunque che la varicella è stata contratta in forma leggera, dato che non c’è il classico febbrone).

Dopo circa ottanta miglia, scendiamo nella pianura e lo scenario cambia, la neve si trasforma in nevischio, poi in pioggia, la strada si fa più agevole, anche se la copertura telefonica continua a scarseggiare.

Decidiamo di percorrere un tratto della Route 66, la storica strada che attraversa l’America per più di 3.500 km, da Chicago a Santa Monica, che per un tratto, in Arizona, scorre parallela alla strada che dobbiamo fare noi, cioè la Interstate I-40 in direzione Las Vegas.

Questo, allettati anche dal fatto di poter in questo modo visitare Seligman, il minuscolo villaggio che ha ispirato i disegnatori di “Cars Motori Ruggenti”, della cui esistenza veniamo a conoscenza leggendo il bellissimo, e molto preciso, post del blog I viaggi di Monique (leggere i blog serve, non solo prima, ma anche durante il viaggio).

Williams, Route 66

Il primo paesino che incontriamo lungo la Route 66 è Williams, Arizona.

L’atmosfera è incantevole e come cristallizzata nel tempo; c’è la tipica strada, contornata da casette basse, municipio e ufficio postale, il classico distributore di benzina old America, e scritte e cartelli un po’ ovunque che ricordano che siamo sulla Route 66, chiamata anche dagli americani Mother Road.

Decidiamo di fermarci a fare una sorta di brunch (la colazione è saltata, e la fame inizia a farsi sentire), ed entriamo in un Diner che promette breakfast 24/24, e non restiamo delusi.

E’ come entrare in una puntata di Happy Days; c’è il bancone, con i tipici sgabelli rifasciati in pelle, tavoli ai lati con le panche, e un’enorme sagoma di Betty Boop che ci accoglie all’ingresso.

La colazione, servita da una cameriera che sembra uscita da American Graffiti, è semplicemente fantastica.

Uova strapazzate, french toast con fragole e panna montata, caffè americano, succo d’arancia, corn flakes.

Ordiniamo un po’ di tutto, ci sfamiamo abbondantemente e, dopo un rapido giro del paese con la macchina, ci rimettiamo in cammino per la nostra tappa successiva.

Seligman, Route 66

Seligman è il paese al quale si sono ispirati i disegnatori di Cars Motori Ruggenti per creare la storia del famosissimo film della Pixar.

Premetto che, come famiglia, saremmo perfettamente in grado di discutere una tesi di laurea in Cars (uno e due).

Avendo tre figli maschi nati in concomitanza, chi più chi meno, con l’uscita della pellicola e del suo sequel, non contiamo le volte in cui lo abbiamo visto (anche ripetutamente in sequenza, nello stesso pomeriggio), conosciamo a memoria tutti i “contenuti speciali”.

Ivi compresi quelli in cui si vedono soltanto i disegnatori che parlano in lingua originale nel loro ufficio, quindi possiamo riferire, con margine di errore pressoché nullo, cosa accade alla “scena 24” ed alla “scena 32”, e siamo in grado di recitare tra di noi il copione con tutte le battute (e la giusta intonazione).

Appreso dunque dell’esistenza di Seligman lungo il nostro tragitto, ci precipitiamo a visitarlo, non potendo certo lasciarci sfuggire una simile occasione.

Cars Motori Ruggenti

La cosa bella è che Seligman rispecchia esattamente il minuscolo villaggio descritto nel film (che nella finzione cinematografica si chiama Radiator Springs).

Dà infatti esattamente la sensazione di una storica località lungo la Route 66 “tagliata fuori” dal mondo, in occasione della realizzazione della parallela superstrada (la Interstate I-40) per la West Coast.

E’ un posto reale, anche se, ovviamente, piuttosto turistico, pieno del fascino un po’ decadente di molte altre località che hanno subito la stessa sorte.

Ci aggiriamo per la strada principale e troviamo, con grande gioia del folletto piccolo, in quello che sembra essere il punto di ritrovo principale, accanto alle case colorate ed ai negozi di Souvenirs che ravvivano l’atmosfera, le riproduzioni di Sceriffo, Cricchetto ed altri personaggi (ma purtroppo niente Saetta Mc Queen).

Soddisfatti del nostro arricchimento cultural cinematografico (a questo punto, se fanno Cars 3, probabilmente ci chiamano per una consulenza), riprendiamo la strada verso la nostra successiva destinazione, vale a dire, last but not least, il Death Valley National Park.

Vi è piaciuto esplorare la Route 66 con me?

Il racconto continua; per leggere il segito sulla Death Valley cliccate qui.