Viaggiare con loro, sempre

Sono sempre stata una grande sostenitrice del viaggiare con i bambini anche quando sono molto piccoli.

Per viaggiare intendo andare ovunque si presenti l’occasione di farlo, dall’altra parte del mondo o a pochi chilometri da casa, con lo stesso spirito di avventura.

Il viaggio è viaggio, non importa quale è la destinazione, è lasciare la “comfort zone” per andare da un’altra parte, che ogni volta cambia, e svela nuovi scenari.

Mi sono sempre sentita porre tante domande e tante obiezioni, riassumibili fondamentalmente nel concetto “tanto sono piccoli e non si ricorderanno ciò che hanno visto”.

Poi, mi sono imbattuta nel titolo di un articolo che mi ha folgorato “40 posti da vedere con i vostri bambini prima che crescano”, e ne ho contati almeno dieci, che ho avuto la grande gioia di vedere con i miei bambini (che come tutti i bambini stanno crescendo a vista d’occhio).

E così mi è venuta l’idea di scrivere questo articolo, per raccontare quale è stato e quale è, per me, il senso di viaggiare con loro, prima che diventino grandi, e prima che incomincino a viaggiare (o a non viaggiare) per conto loro.

La prima ragione

La prima ragione è, in tutta sincerità, egoistica (ma non per questo meno importante o valida).

Può anche darsi che loro non si ricordino tutto ciò che hanno visto, in quanto troppo piccoli per memorizzare, ma io sì.

Io mi ricorderò per sempre del fatto che il mio folletto piccolo ha mosso i suoi primi passi a Central Park, dove eravamo in viaggio nell’estate del suo primo compleanno.

E, ogni volta che rivedo quel filmino improvvisato di poco più di un minuto, con i grattacieli di Midtown sullo sfondo e lui che trotterella intorno al Reservoir, non mi ricordo per nulla del fatto che in quello stesso anno l’uragano Irine ci ha costretti all’evacuazione da Manhattan (o meglio, me ne ricordo, ma come seconda cosa), e penso che sì, sia valsa la pena di fare la coda all’immigrazione al JFK, affrontare il cambio della casa tremenda e fatiscente che avevamo affittato on line, e/o altri insignificanti contrattempi (per leggere tutto il racconto cliccate qui).

Fabbricare ricordi

Così come mi ricordo benissimo, e non scorderò mai, l’espressione sui loro faccini nel momento preciso in cui l’elicottero sul quale siamo saliti noi cinque lo scorso Natale, ha abbandonato il South Rim per tuffarsi nel Grand Canyon, e il minuto intero di silenzio che ha ammutolito tutti per lo stupore (non ricordo di averli visti zitti tutti e tre contemporanemente in molte altre occasioni).

E, sinceramente, il fatto che al folletto medio la sera di quello stesso giorno siano comparse le vescicolette della varicella, mi ha ovviamente preoccupato, come ogni mamma che debba affrontare la varicella sul Grand Canyon, ma se devo essere sincera non mi ha offuscato per nulla il ricordo di quell’incredibile momento in cui abbiamo sorvolato il Colorado, che ancora oggi abbiamo davanti agli occhi ogni volta che li chiudiamo (il racconto completo è qui: USA 2016 parte 4 Bryce Canyon e Grand Canyon).

Tutto questo per dire che, per me, non è necessario ricercare ragioni particolari per portarli in giro per il mondo, ove se ne presenti l’occasione, tipo “aprire le loro menti” o “insegnargli chissà quale verità”, ma è più che sufficiente lo scopo di vivere insieme a loro esperienze che non sarebbe altrettanto bello vivere senza di loro.

La seconda ragione

La seconda ragione è di carattere più altruistico (o, almeno, così mi dico da sola).

Non ho la minima idea di che cosa si ricorderanno da grandi di ciò che hanno visto da piccoli; anzi, visto che uno dei tre è già un teenager, so per certo che alcune cose che ha visto da piccolo non se le ricorda per niente, ma di sicuro avranno scoperto che si può viaggiare, che il mondo è grande, e pieno di cose da vedere, di gente da conoscere, di luoghi da esplorare.

Che esistono gli aeroporti, dove si possono prendere aerei ed attraversare gli Oceani, che ci sono persone che parlano lingue diverse dalla nostra, e festeggiano cose diverse, che si può andare da qualche parte e poi tornare a casa, e che a casa le loro cose sono lì ad aspettarli.

E che non bisogna avere paura di scoprire il mondo, che il mondo è bello, o brutto, uguale, o diverso, ma che comunque c’è, e si può esplorare; e saperlo da piccoli fa sì che diventi una cosa naturale, possibile, e tutto sommato facile.

Che il fuso orario può cambiare, che le cose da mangiare possono essere diverse (e loro non assaggerebbero cibi nuovi neanche sotto tortura, ma in qualche modo si ingegnano sempre), ma che ci sono posti, momenti, situazioni, nelle quali ci si può sentire come a casa anche a migliaia di chilometri di distanza.

E tutte le volte che li vedo (o li ho visti) muoversi disinvolti e tranquilli con le loro piccole valigie e i loro orsacchiotti al seguito, ho pensato che viaggiare per me è la cosa più bella che esista, e non avrei mai potuto pensare di non farla provare e di non condividerla con le persone che più amo al mondo.

Momenti magici

E ora, solo per rendere l’idea, le immagini di alcuni dei momenti magici che ho condiviso con i miei bambini (con l’indicazione della loro età al momento del viaggio), prima che crescessero troppo per desiderare di esplorare il mondo da soli, e che consiglio a tutti di non esitare a provare, ove se ne presenti l’opportunità.

Il Golden Gate, con la sua inconfondibile nebbiolina e l’isola di Alcatraz sullo sfondo

 agosto 2012 (11, 6, 2)

e l’Half Dome, nello Yosemite National Park, tra gli orsi bruni e i coyote

agosto 2012 (11, 6, 2)

I grattacieli di Manhattan, per giocare all’uomo ragno

agosto 2011 (10, 5, 1)

Il Grand Canyon dall’elicottero, con il Colorado sullo sfondo

dicembre 2015 (14, 9, 5)

Le Cascate dell’Iguazù al confine tra il Brasile l’Argentina e l’Uruguay, nel cuore della foresta tropicale

dicembre 2013 (13, 8, 4)

La Death Valley, con le dune di Zabriskie Point, per fingere di essere sulla luna

dicembre 2015 (14, 9, 5)

Il Pan de Azucar, per ammirare dall’alto Rio de Janeiro, la Ciudad Maravillosa

dicembre 2014 (13, 8, 4)

Cape Canaveral, in Florida, per visitare il Kennedy Space Center della NASA e vedere il punto preciso di partenza degli Shuttle per lo spazio

aprile 2014 (13, 8, 4)

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I castelli della Loira, per sentire l’incantevole soffio del passato

agosto 2008 (7, 2, il folletto piccolo non era ancora nato)

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E ancora

La immensa Piazza Rossa di Mosca (la terza piazza più grande al mondo), con le cupole colorate della cattedrale di San Basilio, il Cremlino, il Mausoleo di Lenin ed i magazzini GUM, tutti riuniti nella spessa piazza

agosto 2009 (8, 3, il folletto piccolo non era ancora nato)

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Le Cascate del Niagara, al confine tra Stati Uniti e Canada, per sentire gli spruzzi della cascata sul viso e vedere l’arcobaleno sull’acqua

agosto 2011 (10, 5, 1)

Il Burij Khalifa di Dubai, per fingersi Tom Cruise in Mission Impossible 4

dicembre 2012 (11, 6, 2)

La Grande Moschea di Abu Dhabi, 

dicembre 2012 (11, 6, 2)

La baia di Hong Kong, dal Victoria Peak

febbraio 2016 (14, 9,  5)

Sono sono alcuni dei tantissimi posti che ho avuto la grandissima gioia di vedere con loro da piccoli, e cerco di non perdere tempo per vederne altri, perché crescono in un attimo, senza che io neanche me ne accorga.

Ma per chiarire in maniera sintetica ed efficace i concetti che ho cercato sin qui di esprimere c’è un’espressione bellissima, trovata da qualche parte nel web, che sintetizza perfettamente il mio pensiero, mi piace citare ad ogni occasione, e che prima o poi mi farò tatuare da qualche parte, ed è questa: 

“Carpe That Fucking Diem”